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Mujer vuelta Hacia la Derecha, Pablo Picasso

Nelle opere di Picasso è soprattutto la figura femminile, le tante mogli e amanti, a permettergli di sperimentare tecniche, forme, volumi e psicologie.
Dee o zerbini: fra queste due categorie ondeggiava l’idea che Picasso aveva delle donne e, quando s’innamorava perdutamente di una dea, faceva di tutto per trasformarla in zerbino. Ci riusciva sempre, non ci fu essere femminile che passò indenne attraverso una seria relazione con lui. Le adorava le donne, le condizionava, le manipolava, le tradiva, le costringeva a confrontarsi una con l’altra, le disprezzava, le distruggeva, le disegnava, le dipingeva, le ritraeva, le ritraeva, le ritraeva. Si può seguire la cronologia dei suoi amori guardando l’opera: Olga, Thérèse, Dora, Françoise, Inès, Jacqueline, e le altre. Quando le abbandonava, spesso lo perseguitavano, lo pedinavano, facevano irruzione in casa sua, non lo lasciavano in pace pretendendo ancora qualcosa da lui, lui che le aveva umiliate e scacciate. Diceva: “Se avessi dovuto cambiare casa ogni volta che le donne litigavano per me, non avrei avuto tempo di fare altro nella vita”.
Pablo Picasso era un uomo indubbiamente attraente, e molto, a dispetto di qualsiasi canone. Sprigionava quella forza allegra e determinata, una sinuosità ipnotica, una grazia unica. Di ipnotico aveva , questo lo dicono tutti, uomini e donne che lo hanno conosciuto, e lo dicono le mille fotografie che lo ritraggono, soprattutto gli occhi. 
Era sempre circondato da adoratori, donne innamorate, perdigiorno, adulatori, ma, come ogni artista che si rispetti, era profondamente solo. “L’oscurità deve essere completa ovunque, eccetto che sulla tela, perché il pittore sia ipnotizzato dal suo lavoro e dipinga quasi come fosse in trance. Deve restare il più possibile chiuso nel suo mondo interiore, se vuole trascendere i limiti che la sua ragione tenta costantemente d’imporgli”. “Ogni poeta, ogni artista è un individuo antisociale. Non perché lo voglia, ma perché non può proprio fare diversamente”. E sua madre, Maria, diceva di lui: “Nessuna donna, penso, potrebbe essere felice con mio figlio. Appartiene solo a se stesso”.
A volte, a Parigi, nel suo salotto sempre affollato, prendeva per mano una bella ragazza venuta per conoscerlo al numero 7 di rue des Grands-Augustins dove abitò per vent’anni, e la portava nel suo studio al piano di sopra “per mostrarle i sui quadri”, senz’altra giustificazione verso tutti gli altri che smaniavano di vedere il suo lavoro e ne restavano offesi e ingelositi. Nello studio, le donne le corteggiava, le provocava, le studiava, le spogliava, prometteva un ritratto, le interrogava, le ascoltava, qualche volta s’innamorava. Forse evocava per loro la celebre novella di Balzac “Il capolavoro sconosciuto”, da lui stesso illustrata, ambientata proprio a quel suo stesso indirizzo, una storia che lo aveva sempre turbato per ciò che diceva della tormentosa insicurezza dell’artista di arrivare al centro dell’opera, per la conturbante presenza femminile, per la gelosia delle modelle che si sprigionava fra maschi, per quel finale sconsolato, soprattutto, con il pittore incontentabile, Frenhofer, che prima di morire brucia tutti i suoi dipinti. Sarebbe stato difficile a Picasso, bruciare tutta la sua pittura, tanti furono i suoi lavori. Si contentò di bruciare le persone, uomini e donne, amici e nemici. Ma soprattutto le donne. Diceva: “Quando dipingo il fumo, voglio che uno possa piantarci un chiodo”, lui i chiodi li piantava nei cuori di cui faceva strage.
Tratto da 

Declinazoni:
Big (7x40 cm) - Small(4x40 cm) - Earrings (4x4 cm)


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